Era il 31 ottobre e l’Esercito dei Bruttini era stato convocato nel quartier generale dalla segretaria Lallara Narco.
Pancio Il Diffusore era arrivato in anticipo di mezzora, come sempre, con lui c’era Lavi Satin, l’agente segreto 00Rabbit, perché ormai Pancio faceva tappa fissa nella tana sull’albero del coniglietto dove poteva mangiare ogni bendidio grazie alla sua padella magica. Il granchietto Brachy era passato a chiamare il compagno Rotolo. Il cane viveva in un pozzo, insieme al suo amico Mozzo, all’ombra della sua inseparabile coperta. E così, alle 20.00, arrivò una coperta con quattro zampe cavalcata da un granchietto con indosso un grembiule e un cappello da chef e una sola tenaglia in acciaio, ma per vederlo ci volle la lente di ingrandimento di Lavi. Kratos e Kuro erano già al quartier generale, il primo perché era il gatto di Lallara Narco, la seconda perché spesso si intratteneva lì insieme alla segretaria poiché, proprio come lei, amava dormire. Infine si presentarono Kristal, il capogruppo – ma non capo perché nell’Esercito dei Bruttini non ci sono né capi né subordinati – e il professore tuttofare Generoso Tappabuchi.
«Ciao ragazzi», disse Kristal entrando nel container dismesso collocato vicino al supermercato dove lavorava Lallara Narco e adibito a quartier generale dell’Esercito dei Bruttini.
«Ciao Kristal», risposero in coro i Bruttini.
ZZZ, ZZZ, ZZZ… quasi tutti i Bruttini, perché Lallara stava dormendo insieme Kuro sul comodo divano della segreteria.
«Cosa ci facciamo qui?» chiese curioso Pancio.
«A dire il vero non lo so», rispose Kristal. «Sono stata convocata anch’io da Lallara, se riusciamo a riportarla tra noi forse ce lo dirà…».
Un rumore interruppe Kristal e distolse l’attenzione dell’Esercito da lei portandola verso gli spogliatoi.
«A-a-a-vete se-se-sentito?» balbettò Pancio iniziando a sudare freddo.
«Che puzza!» Kuro si era svegliata di soprassalto sentendo l’inconfondibile odoraccio del suo compagno. «Tieni sempre alto il tuo nome di battaglia, vero Diffusore?» aggiunse poi la gatta.
«Cosa vuoi pallina di pelo nero? Sei la solita brontolona!» rispose scocciato Pancio.
«Puzzi di zucca avariata… Bleah sto per vomitare…».
«Lo sapevo, Lavi te lo dicevo che quella torta di zucca aveva un sapore strano…» Pancio volse lo sguardo al coniglio che nascose il muso dietro le sue lunghe orecchie.
«Non dare la colpa al povero Lavi, tu mangeresti anche i resti di una torta alla panna andata a male da un mese…».
«Adesso basta!» con fare autoritario Kristal riuscì a riappacificare i due litiganti.
I due Bruttini si guardarono con aria di sfida, ma si zittirono seguendo il volere di Kristal che, se anche non era il capo, aveva la stoffa da leader e sapeva sempre come prendere in mano la situazione.
«Ritornando a quel rumore,» intervenne l’agente 00Rabbit, «lo abbiamo sentito tutti e siccome noi siamo qui e Lallara è di là che dorme, o c’è qualcuno oppure è caduto qualcosa da qualche scaffale. Chi va a controllare?»
Kuro diede una spinta a Pancio e il resto dei Bruttini credette che si fosse fatto avanti.
«Grazie Pancio, vai tu! Intanto io cerco di svegliare Lallara e gli altri ci aspetteranno seduti in cerchio come al solito», disse Kristal.
«Ma-ma-ma, veramente… io… non».
La Kuro rideva sotto i baffi mentre Pancio, sudando e diffondendo altre indicibili sconcezze dal suo didietro, si precipitò alla velocità di un bradipo verso gli spogliatoi.
Il Diffusore appoggiò la manona pelosa e sporca di cioccolato sulla maniglia. La porta si aprì con un sinistro cigolio. Pancio infilò un braccio per accendere la luce, ma il neon si era fulminato il giorno prima e Lallara si era addormentata prima di cambiarlo. Accidenti! pensò intimorito. Poi estrasse una piccola torcia dalle tasche dei suoi pantaloni sgualciti, spalancò la porta e il sinistro cigolio finì col far tremare i vetri dello spogliatoio oltre che lo stesso Pancio. La luce della torcia non era sufficiente a illuminare tutta la stanza e Pancio proseguiva piano per non inciampare. A un certo punto un colpo d’aria richiuse la porta alle sue spalle. L’essere peloso sobbalzò, inciampò su qualcosa e cadde a terra. Il tonfo riecheggiò in tutto il quartier generale facendo preoccupare tutti tranne Lallara. La segretaria non si era svegliata nemmeno dopo che Kristal le aveva urlato nelle orecchie.
«Io vado a vedere cosa succede di là» Kuro si sentiva in colpa per aver forse messo nei pasticci il suo compagno. Anche se bisticciavano in continuazione, lei e Pancio erano ormai inseparabili e si volevano bene.
«Vai pure», disse Kristal, che aveva raggiunto gli altri al centro dei container dopo il fallimentare tentantivo di svegliare la sua amica.
Kuro fece uno scatto felineo in direzione degli spogliatoi e si lanciò sulla maniglia della porta per aprirla, in un attimo fu dentro. Con la stessa velocità la porta si richiuse alle sue spalle.
Erano passati ormai dieci minuti e Kuro non tornava. Nello spogliatoio regnava il silenzio più assoluto.
«Kratos, vieni con me» disse Lavi «c’è troppo silenzio di là, andiamo a vedere cosa stanno combinando quei due». Il coniglietto si alzò, nel farlo calpestò una delle sue lunghe orecchie con una zampa e ruzzolò al centro del cerchio di Bruttini. Kratos lo aiutò a rialzarsi e lo invitò a sedersi sulla sua schiena per percorrere il breve tratto che li separava dallo spogliatoio.
Il coniglietto allungò una zampa verso la maniglia, aprì la porta e insieme al gattone entrò. Ancora una volta la porta sbatté inghiottendo i due Bruttini. Poi di nuovo silenzio.
«Mentre aspettiamo che tornino, io vado in ufficio a fare una ricerca», furono le prime e uniche parole del professor Generoso Tappabuchi da quando si era presentato all’appello.
«Vengo con te,» disse Kristal «così tento ancora una volta di svegliare quella dormigliona» poi, rivolgendosi agli ultimi due Bruttini rimasti: «Brachy, Rotolo, per favore andate a vedere cosa stanno combinando quei quattro là dentro e riportateli entro cinque minuti».
Il granchietto si mise sull’attenti sferruzzando la sua monotenaglia: «Io sono l’intrepido, impavido, glorioso eroe della resistenza sottomarina e non temo nulla. Mia Signora ti ripoterò quei quattro buoni a nulla in men che non si dica».
Kristal era ormai in ufficio e non aveva sentito quello che Brachy le aveva detto, anche perché, per farsi sentire, Monocrostaca avrebbe dovuto usare un megafono che in quel momento non aveva. «Uffa, nessuno che mi dia mai ascolto. Su Rotolo, andiamo!».
Ma il cane, celato dalla sua inseparabile coperta, si era nascosto sotto la scrivania del professore e da lì non aveva alcuna intenzione di muoversi.
«Devo sempre fare tutto io», disse Brachy avviandosi allo spogliatoio e passando sotto l’uscio. Gli occhietti di Brachy dovettero aspettare un attimo prima di adattarsi al buio, ma quando riuscì a dare un contorno alla stanza e al suo contenuto cacciò un forte urlo che, naturalmente, nessuno sentì.
Kristal non si era accorta che anche Brachy mancava ormai da mezzora e nessun altro Bruttino aveva fatto ritorno. Sebbene fosse una ragazza paziente e dotata di autocontrollo, quella sera sembrava che ognuno fosse contro di lei: Lallara non ne voleva sapere di svegliarsi e il resto della banda che fine aveva fatto?
La ragazza guardò l’orologio: era passata più di un’ora dal suo arrivo al quartier generale e ancora non aveva capito per quale motivo fossero stati convocati.
«Lallara è un caso senza speranza», disse Kristal rivolgendosi al professore nascosto dietro allo schermo del computer. «Vado a chiamare quegli scansafatiche e poi vediamo di iniziare questa riunione, altrimenti me ne stavo a casa, avevo ben altri programmi per questa sera».
Kristal, per festeggiare la notte di Halloween, come tutti gli anni si sarebbe vestita da vampiro e avrebbe passato la notte in un cimitero a parlare con i morti…
Sostò per un attimo davanti alla porta chiusa dello spogliatoio. Le sembrava di aver udito una voce, come un richiamo. Avvicinò un orecchio, la voce era ovattata ma la stava chiaramente chiamando.
«Sarà uno scherzo!» disse abbassando la maniglia.
La porta cigolò ancora in maniera sinistra.
Kristal allungò una gamba per entrare, ma qualcosa l’afferrò trascinandola dentro.
La ragazza cercò di accendere la luce, ma anche lei si era dimenticata che il neon era fulminato. «Accidenti, ho lasciato in ufficio la torcia», si girò per riaprire la porta ma era chiusa a chiave dall’esterno. «Su ragazzi, non fate scherzi, so che siete voi!».
Nessuno, però, rispondeva all’appello di Kristal.
«Vieni, vieni, di qua!» la voce ovattata invitava la ragazza verso le docce.
«Kuro, lo so che sei tu, smettila!» disse spaventata Kristal. Poi mise le mani avanti per cercare nel buio la via verso le docce. A un certo punto si bloccò. Era pietrifica. «Basta ragazzi, lo scherzo è bello finché dura poco…». La voce era tremante, le mani continuavano a tastare l’oscurità.
Un lampo penetrò da una finestrella e illuminò per un attimo la stanza.
Kristal urlò nel vedere, anche solo per un istante, ciò che le sue mani stavano toccando: una vecchia bambola spettinata e con un solo occhio le stava sorridendo.
«Ragazzi, dico sul serio, questo scherzo non mi piace affatto. Lo sapete che l’unica cosa che mi fanno paura sono le bambole…». Kristal era terrorizzata e nessuno rispondeva al suo appello. Il rombo di un tuono la fece sobbalzare.
Nel frattempo, fuori dallo spogliatoio, Lallara si stava stirando le braccia e sbadigliava. «Finalmente sei di nuovo tra noi», le disse Kuro.
«Ma se avrò dormito sì e no cinque minuti», rispose la segretaria.
«A dire il vero siamo qua dalle otto e ora è quasi mezzanotte», aggiunse Pancio, «e ho un certo languorino…».
«Beh, allora cosa stiamo aspettando, non perdiamo altro tempo, iniziamo ‘sta riunione», disse Lallara dopo l’ennesimo sbadiglio.
«Appena torna Kristal», sottoloneo Lavi facendo notare l’assenza della ragazza.
«Perché dov’è andata?» chiese la segretaria.
«Non lo sappiamo», sussurrò Rotolo ancora nascosto sotto la scrivania. «È andata a cercare loro nello spogliatoio e non è più tornata».
«Ma come? Noi là dentro non l’abbiamo mai vista» disse Kratos, «e c’è un unico ingresso».
«A meno che…» cercò di dire Brachy ma, naturalmente, nessuno lo sentì e la Kuro gli rubò la scena.
«A meno che non sia entrata quando siamo usciti dalla porta sul retro per far prendere aria a Pancio», disse la Belva Oscura, «e a prenderne un po’ anche noi dopo quello che aveva combinato là dentro» sghignazzò la gattina nera.
«Fatemi capire, cosa avete combinato là dentro?» chiese Lallara.
Il professore continuava ad ascoltare muto.
«Quando sono entrato», iniziò a raccontare Pancio, «ho provato ad accendere la luce, ma mi sono ricordato che il neon era bruciato…».
«Ah! Già, devo essermi appisolata prima di cambiarlo», lo interruppe la segretaria.
Pancio riprese il discorso: «… Allora ho preso la torcia che ho sempre in tasca e ho usato quella. Siccome non faceva abbastanza luce sono inciampato in ciò che era caduto provocando il tonfo che ci aveva allertato…».
«Tonfo?» chiese spaesata Lallara.
«Smettila di interromperlo, tu non ti svegli nemmeno se dovessero scoppiarti una palla di cannone in un orecchio…» sbuffò Kuro.
«Insomma,» disse Pancio «era caduto un flacone di detersivo alla lavanda e io ci sono scivolato sopra».
«Ma purtroppo non è servito per togliere un po’ del suo odoraccio» questa volta fu proprio Kuro a interrompere Pancio e a continuare il racconto. «Quando sono entrata l’ho trovato a terra svenuto, ho cercato di sollevarlo, ma puoi ben capire che non è stato così facile: non è certo un fuscello… Così ho cercato di rianimarlo, ma non so cosa avesse mangiato prima di venire qui, puzzava così tanto che sono quasi svenuta pura io».
«Ma siamo arrivati noi» dissero Lavi e Kratos in coro.
«Io ho messo ciò che rimaneva del flacone di detersivo alla lavanda sotto al naso di Kuro che si è ripresa» aggiunse Lavi.
«E io, con la mia forza bruta, ho schiaffeggiato Pancio, che pian piano si è riavuto», spiegò Kratos.
«Quando anche Brachy ci ha raggiunto, tutti insieme abbiamo sollevato Pancio…».
«Il mio intervento è stato fondamentale!» sussurrò il granchietto, ma ancora una volta nessuno lo sentì. «Uffa, è solo colpa mia, non dovevo dimenticare il megafono», si disse sconsolato.
«Mi hanno portato fuori per prendere un po’ d’aria e ora eccoci qua», Pancio concluse il racconto.
«Beh! Ok ho capito, ma Kristal allora perché non torna se voi siete qui?»
L’Esercito dei Bruttini al completo si avviò verso la porta dello spogliatoio.
Lallara abbassò la maniglia ma la porta non si aprì. «Sembra chiusa a chiave dall’interno», disse. Provò a bussare e chiamare Kristal, ma l’amica non rispondeva.
Nel frattempo, all’interno, Kristal cercava di tapparsi le orecchie per non ascoltare ciò che l’inquietante bambolina le diceva.
«Apri gli occhi», una voce gracchiante usciva dal ventre della bambola, aveva lo stesso suono di un vecchio disco graffiato.
«No, mi fai paura!»
Una risata da oltretomba echeggiò nell’aria facendo indietreggiare Kristal, che cadde a terra inciampando in una sedia.
«Stai lontana, non toccarmi», disse alla bambola che avanzava verso di lei con l’andatura di uno zombie.
Era una di quelle bamboline che grazie alle batterie possono camminare, parlare e pure fare il ruttino. E infatti ruttò in faccia a Kristal scompigliandole i lunghi capelli viola, freschi di tintura e insolitamente sciolti.
«Ti ho detto di starmi lontana, non toccarmi e non ruttare…», Kristal era ormai all’angolo.
La bambolina riprese a parlare. «Adesso non puoi più scappare, apri gli occhi e ascoltami se non vuoi che finisca male…».
Kristal ubbidì suo malgrado: vide lo sguardo mezzo cieco della bambola; qualche bambino o bambina l’aveva sfregiata sul viso e sulle braccia con pennarelli colorati. Il vestitino rosa era senza bottini e le scendeva lungo una spalla, dalla quale fuoriusciva un po’ di ovatta. Il grembiulino bianco era ingiallito e ai piedi aveva una sola scarpina mangiucchiata.
«Mi riconosci?» chiese la voce dalla pancia della bambola.
«No, non so chi tu sia e cosa voglia da me».
«Ah no, allora ti rinfresco la memoria».
«Non ho mai avuto bambole, non mi sono mai piaciute, ho sempre preferito i peluche o altri giocattoli, io non conosco né te, né nessun’altra bambola… Solo una volta mi è stata regalata…» le parole di Kristal rimasero sospese in aria.
«Inizi a ricordare, vero?»
«Sei tu? Non può essere!»
«Può essere, sono qua, in plastica e ovatta e sono venuta a vendicarmi…».
«Aspetta, tu dicevi solo poche parole “mamma”, “pappa”, “cacca”, dove hai imparato a parlare così?»
«Sono andata a scuola», una risata macabra fuoriuscì dal ventre della bambola.
«Smettila di ridere così…».
«Ora capisci cosa si prova?»
«Ma ero solo una bambina, non sapevo quello che facevo…».
«Non importa, bisogna avere cura delle proprie cose, anche di quelle che non ci piacciono», gracchiò la bambolina. «Invece guarda come mi hai ridotto».
«Ti chiedo scusa, ma ti ripeto, ero solo una bambina. Avrò avuto sì e no due anni. Da allora non ho più fatto del male a nessuna bambola…».
«Ci credo, non ne hai più avute perché non ti piacevano… Invece io ho avuto la sfortuna di capitare nelle tue manine irriconoscenti e guarda che mostro sono oggi. Avrei potuto far felice qualche altra bimba e invece faccio solo spavento. Nessuna bambina mi ha più voluto».
«Scusami, scusami, scusami! Ti giuro che non l’ho più fatto e non lo rifarei. Crescendo ho capito il valore delle cose e delle persone tant’è che ora ho fondato l’Esercito dei Bruttini».
«E cosa sarebbe?»
«Se mi lasci andare ti presento tutti».
«Prima spiegami di cosa si tratta».
«Va bene, sarà passato poco più di un anno dalla nostra prima missione sull’Isola dei Giganti. Allora sparivano degli orsacchiotti di peluche dalle case dei bambini e io avevo iniziato a indagare».
«Orsacchiotti? Perché loro sono belli, vero? Se fossero scomparse delle bambole avresti indagato lo stesso?»
«Non lo so», il dubbio si insinuò nell’animo di Kristal. «Però fammi finire ti prego…».
«Ok, vai avanti» un altro ruttino fece seguito alle parole della bambola.
«Insomma, per trovare e salvare i peluche ho deciso di fare delle audizioni perché solo i predestinati potevano portare a termine quella missione. Dovevano avere dei difetti, delle anomalie, fisiche o caratteriali, ma essere buoni d’animo. Insomma i Bruttini. E così ho incontrato Pancio, il Diffusore, lui puzza tantissimo, mangia in continuazione, ha vissuto la solitudine e l’abbandono, ma è forse il gigante più buono che conosca. Lavi, il coniglietto, a prima vista è tenero e per questo avevo dei dubbi su di lui, ma anche lui è stato abbandonato dopo che per un incidente ha perso l’occhio destro. E poi ha saputo trasformare un suo difetto in un pregio: pensa che sa volare facendo roteare le sue orecchie lunghissime…».
«Non mi sembra ci siano bambole in questo “Esercito di Bruttini”».
«Hai ragione, ma ti prego fammi finire, poi capirai e te li presenterò…».
«Vai avanti!»
«Brachyura è un granchietto che ha perso le sue tenaglie, ma ne ha una grande in acciaio inox. Lui è uno sbruffoncello, lo sentiamo poco e lo vediamo ancora meno, perché è davvero microscopico, ma questo non lo ferma. La sua caparbietà non ha eguali e riesce sempre a farsi notare. Insomma, è grande nonostante sia piccolissimo. Rotolo è un cane fifone, per questo resta sempre nascosto sotto la sua coperta. Anche anche noi lo abbiamo visto pochissime volte. Ha però delle doti che gli hanno permesso di sconfiggere e far catturare ladri di fama mondiale. Kuro e Kratos sono due gatti, la prima è mia, l’altra è della mia migliore amica, Lallara. Anche loro hanno innumerevoli difetti, ma i pregi sono quelli che risaltano quando ce n’è bisogno. Kratos, per esempio, ha il corpo di un gatto adulto, ma la testa e la mente di un cucciolo, chi non vorrebbe restare sempre bambino? Grazie a questo lui ci ha salvato da una situazione difficile mentre eravamo in viaggio verso l’Isola dei Giganti. Poi c’è Kuro, la mia gattina, lei bisticcia sempre con Pancio ed è dispettosissima. Pensa che ha paura di salire sui tavoli senza il suo paracadute, perché quando era piccola è caduta tre volte dal balcone di casa, eppure è stata sulla Luna…».
La bambolina era ammutolita: forse le pile erano ormai scariche perché nel lungo monologo di Kristal si era accasciata.
Kristal le si avvicinò, aveva ancora un po’ di paura, ma si fece coraggio e la prese in braccio: «Mi dispiace, mi dispiace tanto per come ti ho trattata. Avevi ragione, tutte le cose, le persone, gli animali vanno trattati bene e amati nonostante il loro aspetto o anche se a noi non piacciono. Lo so, l’ho sempre saputo, ma quando ti ho fatto questo ero troppo piccola per capirlo. Ma credimi, l’ho imparato subito perché dopo questo scempio, ora ricordo, la mamma mia aveva punito severamente. Da allora non mi sono più state regalate bambole non solo perché non mi piacessero, ma perché la mamma mi disse che io non ti meritavo».
Prima che le pile si scaricassero del tutto la bambolina fece l’occhiolino a Kristal con il suo unico occhio e si spense con un sorriso.
Fuori dalla porta i Bruttini avevano ascoltato tutto. Lallara tirò fuori dalla tasca dei jeans la chiave dello spogliatoio; tutti i Bruttini tranne Kuro la guardarono perplessi.
«Uffa, non guardatemi con quei musi, non è stata una mia idea…».
Gli sguardi si rivolsero alla Belva Oscura che stava per sgattaiolare lontano prima di doversi assumere la responsabilità di quanto successo.
«Sì, sì, è uno dei miei soliti scherzi, solo che doveva finire diversamente, ma Kristal ha rovinato tutto, come al solito, con le sue parole buone e lodando ognuno di noi… mai che si riesca a farle uno scherzo come si deve!»
«Uno scherzo?» Kristal uscì dallo spogliatoio con la bambolina in braccio e il viso sconvolto.
«Sì, ho chiesto a Lallara di aiutarmi ad architettare tutto questo perché volevo divertirmi, è andato tutto alla perfezione, finché tu non hai aperto il tuo cuore alla bambolina e le hai parlato di noi», disse la Kuro nascosta dietri la gamba pelosa di Pancio.
«Quindi io sono stato una pedina del tuo scherzo?» chiese Pancio grattandosi la chiappa ancora dolorante dopo la scivolata sul detersivo.
«E anche noi?» domandarono in coro gli altri Bruttini.
«Sì, insomma, dai, però… voleva essere uno scherzetto di Halloween… avevo anche registrato la voce della bambola e nascosto il registratore nell’armadietto dello spogliatoio…».
«E io ho finto di dormire», aggiunse Lallara.
«Finto?» disse Kristal ironica prima di scoppiare in una grassa risata. «Bravissime! Ci siete riuscite. Ci sono cascata in pieno».
E un eco di risate si propagò sulle pareti del quartier generale dell’Esercito dei Bruttini.
Colora i Bruttini
Adesso che hai terminato il racconto, divertiti a colorare i disegni che Alexia ha realizzato apposta per te. Scaricali gratuitamente e libera la tua fantasia.
di Anna Celenta ©riproduzione riservata. È assolutamente vietato ricopiare o ripubblicare in qualsiasi forma senza l’autorizzazione scritta dell’autrice.